Ma, anziché intervenire subito, gli operatori del 118 incaricano la guardia medica di effettuare prima una visita di controllo sulle condizioni di salute del paziente. Peccato però che quest’ultima giunga sul posto solo alle 21.40, un’ora dopo la chiamata, lamentandosi pure perché non riusciva a passare per le strade a causa del Palio dei Colombi e perché ha un altro paziente in attesa. Il medico però, dopo aver visitato il 69enne, non fa altro che constatare che è effettivamente necessario l’intervento di un’ambulanza attrezzata per affrontare il caso specifico e la chiama.
L’ambulanza arriva a domicilio, ma solo (un’altra) mezzora dopo, attorno alle 22, e peraltro priva di auto medica al seguito. Non solo. A causa dell’impossibilità di raggiungere l’abitazione con il mezzo di soccorso per via dei vicoli troppo stretti, gli operatori, anziché caricare subito il paziente, ormai in condizioni precarie, sulla barella, lo costringono a strascinarsi a piedi per oltre 60 metri dalla sua casa fino alla salita che poi porta fuori le mura del centro storico, dov’è parcheggiata l’ambulanza: solo allora, finalmente, lo imbarellano e quindi lo caricano a bordo. Ma l’odissea di Volfango Calzoni non è ancora finita: l’ambulanza ci impiega un’altra mezzora per raggiungere il pur vicino nosocomio di Amelia percorrendo un giro largo per evitare il Palio, anziché chiedere strada data l’emergenza. In tutto, dunque, circa due ore dopo la chiamata al pronto soccorso.
Il risultato è che quando, finalmente, il 69enne arriva all’ospedale cittadino, ormai non c’è più nulla da fare: la moglie riesce solo a intravvedere il marito che viene fatto scendere dall’ambulanza, con gli occhi sbarrati e la bava alla bocca. Probabilmente muore durante il trasporto: in ogni caso lo dichiarano deceduto alle 23.22. Non bastasse il dolore per l’improvvisa tragedia, i familiari sono anche costretti a vedere il corpo senza vita del proprio caro lasciato abbandonato sulla barella in una corsia, con il volto scoperto e quindi alla vista di tutti coloro che percorrevano il corridoio.
Il figlio della vittima ha immediatamente chiesto spiegazioni sull’accaduto ad un infermiere, che per tutta risposta l’ha invitato a ripassare l’indomani mattina perché “i medici stavano tutti riposando (!)”. Nonostante le reiterate e disperate richieste, i congiunti di Calzoni non hanno più ricevuto alcun tipo di delucidazione da parte dei sanitari, che si sono anche rifiutati di fornire la documentazione medica relativa all’intervento del 118 e del breve ricovero.
Ripresasi dallo shock, la famiglia, per fare piena luce sui fatti e ottenere giustizia, attraverso il consulente personale Roberto Musso, si è quindi rivolta a Studio 3A, società specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità in ogni tipologia di sinistro, a tutela dei diritti dei cittadini, e oggi, 25 agosto, ha presentato un esposto presso la stazione dei carabinieri di Amelia indirizzato alla Procura di Terni. Nel documento si chiede all’autorità giudiziaria di disporre gli opportuni accertamenti per verificare eventuali responsabilità penali, segnatamente per i ritardi nell’intervento, in capo ai medici e agli infermieri che hanno preso in cura il paziente e gestito l’intera situazione nonché alla struttura ospedaliera di riferimento, richiedendo l’acquisizione della cartelle cliniche integrali relative ai fatti nonché la riesumazione della salma, per poter disporre un esame autoptico in grado di stabilire con certezza le cause della morte.