Lo studente Antonio, la signora Abbandando, e poi Marilena, figlia di Vlado Merletti e amante del libraio Fosco Bruno Toddottidi: grotteschi, e ordinari, soggetti psicopatici. Tutti, “chirurgicamente”, strutturalmente e linguisticamente sezionati per mezzo di un non sistematico e sperimentale nonsense, che, precisa l’autore, “sottende una trama complessa che pure prescinde dall’introduzione di fatti o elementi sensati”. Azioni gratuite, un’esistenza del tutto “improbabile”, come recita un altro titolo, quello dell’epilogo, un gioco letterario costretto in regole convenzionali al di là delle quali non esiste una realtà fattuale, personaggi che – è il caso di Vlado Merletti, chino sui suoi libretti d’appunti – diventano potenziali scrittori dei capitoli mancanti, in un continuo arrovellarsi sul canone: sullo sforzo, cioè, di selezionare elementi della macchina narrativa, che non è detto, poi, che siano i più importanti ai fini della trama. Una trama scheletrica, chiaro espediente narrativo: l’interruzione del matrimonio tra Vlado Merletti e Irene Abbandando spingerà la donna tra le braccia dello studente Antonio. Brevetterà un indumento, lei: le mutandem. Sparirà dalla circolazione, lui, impegnato nella stesura di taccuini costellati di indagini nonsense su oggetti decontestualizzati. Il tutto, spalmato su di un lasso temporale che copre una decina d’anni e che si proietta nel futuro, fino al 2023.
Una manciata, le situazioni narrative, per giunta intrecciate tra loro, a costituire solo alcune delle opzioni possibili dell’ingranaggio comunicativo e a scoprire le caselle mancanti della campionatura letteraria, in fatto di stile e in fatto di genere: parodia del poliziesco, monologo interiore, autobiografia, ballata, pièce teatrale, racconto fantastico, resoconto semiscientifico. Un’inventiva linguistica, quella di Sperduti, che tende inevitabilmente al paradosso, all’esubero, al divertissement, a mo’ di Campanile. C’è tutto questo ne Le cose inutili, che cadono nella tutt’altro che vana, e anzi necessaria, frammentazione tecnico-letteraria e strutturale. Contenutistica. “Delizioso, anomalo, molto laterale rispetto alla tradizione italiana, ma vicino ad Albani, Cavazzoni e altri lunatici”, per il Domenicale del Sole24Ore. “Ho subito fotografato il crostaceo da più angolazioni, seguendo la prassi – scrive Vlado nel suo quadernetto –. A tutta prima, sembra appartenere all’ordine dei decapodi. Il soggetto si trova al centro esatto della via. Se non fosse, senza alcuna possibilità di equivoco, deceduto, lo si direbbe intento a scrutare l’orizzonte con le antenne”. L’orizzonte. Quello della realtà? Forse no. Perché, spesso, la letteratura si illude di poter addomesticare il reale, il contingente. Di pettinarne gli origami di senso, coi suoi paradigmi strutturali.
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