L’accordo – La firma del documento permetterà di far partire su base regionale la contrattazione settoriale, che a quanto si apprende cercherà di adattarsi ai cambiamenti veloci del panorama del lavoro soprattutto promuovendo una maggiore flessibilità. Accanto all’accordo-quadro, che stabilisce le linee guida a cui si atterranno tutti i contratti territoriali di settore, è stato firmato anche un avviso comune per l’applicazione del criterio di proporzionalità alle sanzioni irrogate ai dipendenti all’interno delle imprese; sono previste inoltre la creazione di un osservatorio specifico sui livelli di occupazione e Pil e il rafforzamento dell’Ente bilaterale dell’artigianato (Ebrau) che si concentrerà soprattutto sulla messa a punto di nuove forme di welfare.
Il ruolo della politica – L’accordo tuttavia – è questa la sensazione comune da parte dei disserenti – se potrà favorire un rafforzamento dei rapporti di collaborazione tra i proprietari delle Pmi e i propri dipendenti (superando il modello classico della concertazione), non porterà ricadute sui livelli occupazionali, almeno nel breve periodo. “Per quello c’è bisogno dell’aiuto della Regione, che passa anche attraverso il corretto utilizzo dei fondi europei” afferma Sbarra; “Il lavoro si può creare solo con gli investimenti” gli fa eco Giannangeli.
E Confindustria? – L’intesa rappresenta comunque un primo successo, tanto che c’è già chi auspica il raggiungimento di un accordo simile con la Confindustria regionale. “Lo speriamo – commenta in proposito Sgalla – qualcosa si sta muovendo, ma è presto per fare previsioni”: con l’ente degli industriali è infatti in piedi un discorso sul modello contrattuale, stavolta però sul livello nazionale.
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